Questo post è contro le start-up nel turismo: lo dichiaro subito, così chi sia favorevole può smettere di leggere. Alla fine faccio un paragone con Twitter, che spiega molte cose.
“Le start up sono diventate un po’ di moda... dalle guide digitali alle app per la prenotazione via smartphone di aerei e alberghi, dalle piattaforme b2b per hotel ai sistemi di turismo ‘esperienziale’. Il problema è che la maggioranza delle start up, soprattutto quelle tecnologiche, naufragano: perché adottano business model sbagliati o non sufficientemente consistenti e quindi i loro business plan non sono credibili. Spesso, si tratta di progetti che funzionano solo a livello teorico, ma non sono business oriented: fra app free, no commissioni, modelli premium, viaggi gratis, dormi in casa di host, iscrizioni o altro, la domanda che mi tocca fare è sempre la stessa: dov’è il business?”. Sottoscriviamo al 100% queste annotazioni, che risalgono al 2016 (!) e appartengono a Josep Ejarque (!!), uno dei maggiori esperti in Europa di destination management e marketing.
Se quello che Ejarque scriveva era valido nel 2016, immaginate oggi, a quasi due anni dallo scoppio della più devastante crisi del nostro settore. Eppure chi crede nelle start up, e ci mette pure dei soldi, c’è ancora.
Dall’home-page di blinkoo: “Su blinkoo scopri nuovi posti da visitare e incredibili esperienze da vivere attraverso migliaia di brevi video condivisi da influencer, content creator professionisti e viaggiatori appassionati. Come funziona blinkoo? Guarda video che raccontano luoghi, esperienze, hotel, ristoranti e prodotti tipici di tutto il mondo | Salva i video tra i preferiti per utilizzarli come guida mentre sei in viaggio | Aggiungi i tuoi video per condividere la tua esperienza con gli altri viaggiatori”. In due parole: blinkoo si basa sulla condivisione di clip girati dagli utenti, postati sui social (i soliti, YouTube Instagram e l’ormai immancabile TikTok) oppure consigliati dai “migliori travel influencer”. Video che promuovono “migliaia di esperienze da vivere subito” (a oggi 4.463, scrivono) e che in qualche modo (ma non si spiega come) si potranno prenotare. Fin qui, nulla di rivoluzionario (e la domanda di Ejarque sorge spontanea: dov’è il business?).
Andiamo al sodo, citando ItaliaOggi del 25.11.2021: “blinkoo ha lanciato una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Backtowork e ha raccolto 716mila euro. La raccolta proseguirà per altri 45 giorni per raggiungere l’ambizioso obiettivo di 2milioni e 300mila euro. Smeraldo Meminay, fondatore dell’app già disponibile su Apple Store e Google Play, è un esperto del settore, l’idea di blinkoo nasce nel 2019 dall’esperienza precedente di Crush Travel: in due anni il team dedicato al progetto è cresciuto sino a comprendere 25 persone che lavorano allo sviluppo e alla promozione dell’app”. Se Meminay ti ha convinto, vai su blinkoo.com e “Partecipa alla campagna di crowdfunding”. Non ti fidi di ItaliaOggi? Leggi La Repubblica Viaggi.
Qualche riflessione, in ordine sparso:
- non conosco Crush Travel, ma su Google non si trova e comunque non credo che faccia concorrenza a Expedia o Booking
- l’unica start up italiana che ha funzionato, negli ultimi 10 anni, è Musement: magari me n’è sfuggita qualcuna, colpa mia
- non capisco cosa possano fare 25 persone che lavorano tutte insieme su una app, se non smanettare selvaggiamente sui social e spiaccicare like e cuoricini a destra e a manca
- a me paiono tanti già 716mila euro, 2milioni e 300mila sono una montagna di denaro: sarà un mio limite (io so di t.o., network e agenzie, ahimè), ma a che diavolo servono? A pagare i “migliori travel influencer”? A far apparire blinkoo tra i primi 10 risultati di Google quando digiti “viaggio”? A produrre una vagonata di tweet?
Ecco, a proposito di Twitter: in questi giorni esce di scena il suo fondatore Jack Dorsey, quello che nel 2013 fu protagonista dell’IPO sul NYSE, con le azioni che - collocate a 26 USD - salirono fino a 45 USD, dando a Twitter Inc. una valutazione di circa 31 miliardi (miliardi!) di dollari. Oggi il titolo Twitter vale quasi 46 dollari e Dorsey è al 190esimo posto, nella classifica dei multi-milionari secondo Forbes, con un patrimonio personale di 11,8 miliardi (miliardi!) di dollari.
Conclusione, che ovviamente vale per (quasi) tutte le start up turistiche e digitali, non solo blinkoo: facciamo che il solo, unico, immutabile modello di business è quotarsi in borsa e/o vendere la start up a qualcuno che la quoterà successivamente? E dopo, ottenuti i soldi, comprarsi un mega-yacht e trasferirsi ai Caraibi? Così magari, se sei fortunato, incontri Jack Dorsey e vi fate un drink.
P.S. su LinkedIn questo post è stato visualizzato quasi 4.000 volte e ha ottenuto decine di commenti (uno solo a favore delle start up, TUTTI gli altri dalla mia parte) quindi pubblico un aggiornamento, dedicato a un'altra start up, della quale si è occupato nientedimeno che il Corriere della Sera: trattasi di Offtryp, progetto di due giovani viaggiatori milanesi (ora tre) che - partendo dal presupposto che (cit.): “Troppe agenzie di viaggi sono costrette ad alzare i prezzi visto la decrescita della domanda, dovuta a una digitalizzazione povera e a un mancato adattamento al mercato di oggi” - hanno capito come si vendono viaggi on line. Offtryp funziona così: rispondi a una serie di domande (gusti, interessi, budget) e ricevi un preventivo, di due tipi: quello "base", che costa 6 euro e dove non puoi cambiare una virgola, ti arriva via email in 5 giorni; quello "pro", che invece di euro ne costa 35, dove puoi fare 5 (non di più) modifiche all'itinerario e ti arriva in 3 giorni. “Il tutto” recita il sito “interamente modificabile e prenotabile con un solo click”. Insomma, paghi per avere un preventivo. Che ti arriva minimo dopo 3 giorni. Il prossimo obbiettivo? chiede il Corriere al founder: “Chiudere un secondo round di investimento, per poter implementare al meglio la piattaforma ed espanderci il più possibile”. Ah ecco.