Gianluigi Aponte, il tycoon italiano che possiede (anche) Bluvacanze e Going
Come l’armatore greco, l’imprenditore di origine sorrentina domina sul mare, con la holding di famiglia, la Mediterranean Shipping Company Holding SA, sede a Ginevra, che a sua volta controlla due società, la MSC Cruises SA, anch’essa registrata in Svizzera, e la SAS Shipping Agencies Services (CY) LTD, registrata a Cipro, che a sua volta controlla la SAS Shipping Agencies Services Sarl, registrata in Lussemburgo. Troppo complicato? Allora clicca qui per aprire il tutorial Graph Commons “atto a orientarsi nella galassia MSC”. Galassia che va dall’interporto strategico di Rivalta Scrivia al mega terminal nella zona di Cortenuova, da Rimorchiatori Riuniti a Rimorchiatori Mediterranei (la denominazione vintage non inganni, la compagnia genovese ha recentemente vinto il bando per il porto di Singapore, il secondo più trafficato al mondo), dai traghetti Moby, salvati dal fallimento, alla Bolloré Africa Logistics (stazioni container, concessioni ferroviarie, terminal ro-ro per auto, carri e vagoni), dalla divisione cargo (quattro Boeing ordinati) alla trattativa per Italo col concorrente GIP Global Infrastructure Partners, dal memorandum d’intesa con Ferrovie dello Stato per sviluppare trasporto combinato marittimo, alla riapertura della partita per ITA Airways. Secondo l’accreditata Alphaliner, MSC ha recentemente superato la danese Maersk, che occupava la leadership mondiale dal 1996: a novembre 2022 MSC ha una capacità complessiva di 4.565.280 container standard da 20 piedi (TEU Twenty feet Equivalent Unit), 331.102 TEU più di Maersk, anche grazie al fatto che le 708 navi portacontainer di MSC sono più grandi delle 715 navi di Maersk. Ulteriore elemento che certifica la potenza di fuoco di MSC: possiede molte più navi di Maersk (396 contro 345) che invece ne noleggia di più (370 contro 312), quindi - ovvio - guadagna molto di più. Dell’impero di Gianluigi Aponte fanno parte anche le 19 navi da crociera di MSC Cruises. E pure il network Bluvacanze e il tour operator in-house Going. Ma di questo l’articolo non parla. N.B. Grazie a Dino Avagliano director & speed & consumptions claims expert in Aerospace & Marine International (AMI) per la conferma dei dati.
Joint venture tra Suite Travel e CartOrange, alla rete la gestione dei corner COIN
A settembre 2002 è stato firmato un accordo che prevede la gestione dei corner COIN, presenti e futuri, affidata alla rete CartOrange (nella quale sono confluiti la ventina di consulenti Suite Travel), mentre Marabotto e Ruperto potranno dedicarsi alle nuove aperture, all’organizzazione di eventi in store, al commerciale e al marketing. La scelta di delegare a terzi il rapporto col cliente è dovuta al forte carico che uno store COIN richiede, sia in termini di apertura (mediamente 12 ore al giorno, 7 giorni su 7), sia per il forte passaggio di clientela, non sempre pronta a interagire con un’attività “insolita” in un grande magazzino, quale l’agenzia di viaggi.
Suite Travel, il primo network di agenzie in co-branding in Italia
“Suite Travel è una realtà diversa rispetto alle reti oggi presenti in Italia” puntualizza Giada “Abbiamo punti di contatto con altre modalità di lavoro, ma desideriamo mantenere saldo il co-branding, che è il cuore della nostra idea imprenditoriale: prevediamo di presidiare tutti, o quasi, i negozi COIN in Italia, in formula corner fisso oppure temporary pop up. Il bilancio è positivo, alla luce del periodo nero per il turismo in cui abbiamo lanciato il progetto (fine 2021): chiudiamo il primo semestre 2022 con numeri incoraggianti e i nostri due corner, praticamente dei “pilota”, ci hanno riservato una sorpresa: davamo per scontato un cospicuo passaggio fisico “mordi e fuggi” (siamo nel cuore di un superstore), invece le persone che si fermano sono meno di quanto previsto, ma amano trattenersi e parlare in maniera approfondita del viaggio, come farebbero in una normale agenzia. E in più riceviamo moltissimi contatti via mail, con pratiche vendute dal nostro booking. COIN non detiene un’esclusiva, ma ci ha aperto la strada, firmeremo a breve un contratto con un noto brand internazionale”. “Suite Travel è un marchio di Seven Srl società benefit, la società che abbiamo costituito ad hoc” racconta Antonella “Società benefit significa che desideriamo avere un impatto sociale positivo: il viaggio per sua natura altera l’ambiente, quindi pensiamo a una sostenibilità sociale e di valori, e a promuovere la cultura del viaggio come scoperta, a contatto con tradizioni e usi locali. Io e Giada siamo socie al 50% e Seven, fino a oggi, è stata interamente autofinanziata. In attesa di conoscere l’esito di alcuni bandi a cui abbiamo partecipato (in modo da acquisire risorse utili allo sviluppo), stiamo valutando l’opportunità di inserire alcuni investitori interessati alla nostra idea imprenditoriale”. I corner sono affidati ai “consulenti Suite Travel”, agenti di viaggi con esperienza, che operano come liberi professionisti legati da un contratto di collaborazione con Seven Srl: “Siamo orgogliose di aver creato da zero una piccola rete, in un momento di crisi nera per il turismo e senza grandi risorse, se non il nostro entusiasmo” rivelano le socie “Vedere le centinaia di pratiche vendute e aver messo a punto alcune procedure standardizzate di prenotazione, in così poco tempo, ci rende orgogliose. I punti su cui lavorare sono onestamente ancora molti, dobbiamo crescere come numero consulenti, come valore medio pratica e come marginalità, ma abbiamo margini. E tanta buona volontà".
Italia.it, esiste ancora! Ma smettiamola di buttare via un sacco di soldi (nostri)
Dopo quasi 20 anni, Italia.it si appresta all’ennesima resurrezione. Il portale (allora si chiamavano così) del turismo italiano fu voluto dal governo Berlusconi III nel 2004, ministro Lucio Stanca, e fu lanciato nel 2007 dall’allora ministro Francesco Rutelli con il celeberrimo maccheronico inglese "Pliiz, visit de uebsait bat pliiz visit itali", meritevole di gloria imperitura insieme al geniale logo a forma di cetriolo. Portale presto chiuso, poi riaperto, poi chiuso di nuovo nel 2014 per essere sostituito da una versione meno costosa, verybello.it, destinato a soccombere pure quello, perché i programmatori non venivano pagati. Tra alterne vicende e costi incalcolabili (c’è che dice 22 milioni di euro, chi il doppio, non lo sapremo mai), oggi Italia.it riceve un’iniezione di denaro senza precedenti: il progetto "Digital tourism hub", nell’ambito dei fondi gestiti dal PNRR Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, stanzia 114 milioni di euro per rinnovare il sito, che già adesso (come dichiara con “entusiasmo nerd” il Ministero stesso) “è stato rilasciato su una piattaforma di marketing technology all’avanguardia, data-driven ed omni-canale, la quale, attraverso l’architettura cloud, garantisce iper-scalabilità e predispone l’interoperabilità del TDH con il mondo esterno”. Io non ci ho capito nulla, ma questa roba deve costare un sacco di soldi. Ecco tre motivi per i quali Italia.it sarebbe da chiudere adesso ed evitare di iniettarci ancora del denaro. Ma tanto non mi darà retta nessuno. 1. Il concetto di portale del turismo italiano è vecchio e superato. Nel 2004 il browser di riferimento era ancora Netscape, Facebook era stata appena fondata e i social non esistevano. L’italiana Virgilio.it era una web directory, cioè un elenco di siti (non classificati per tag) suddivisi in maniera gerarchica e raccolti in categorie e sotto-categorie tematiche: una sorta di Pagine Gialle on line. Il portalone turistico aveva lo stesso scopo: mettere un po’ d’ordine nella sconfinata offerta turistica italiana, che allora si stava affacciando sul web. Che senso ha, vent’anni dopo, un affare del genere? Chiunque abbia uno smartphone - smanettando su Google, Facebook o Booking - di Italia.it se ne frega altamente. 2. Italia.it è un sito anonimo e basico, senza fantasia e senza innovazione. Disponibile solo in italiano, inglese e spagnolo (tedesco no? peccato, è il primo mercato incoming che abbiamo); con pochi e scontati contenuti (una settantina le “cose da fare” a Venezia, una quarantina in tutto il Veneto, e la regione è ampiamente la prima in Italia per presenze); in home-page si promuovono Lecce e la maratona di Venezia, Bolzano e pure la web radio, cioè “la colonna sonora delle tue esperienze” (!). Beh, dopo che Lecce e Bolzano ti hanno incuriosito, puoi prenotare qualcosa? No. Se l’elenco dei 60 siti Unesco ti ha ingolosito, puoi chiedere a qualcuno di organizzare un minitour? No. Sei indeciso tra quale dei 98 borghi italiani sia quello più adatto alle tue aspettative e vorresti leggere l’opinione di un blogger o di un influencer, puoi? No. Social? Manco a parlarne, nel 2004 non c’erano. 3. I contenuti li metterà (a pagamento) qualcun altro. Sempre a giugno 2022, il Ministero del Turismo pubblica“un avviso destinato alla raccolta di adesioni da parte di soggetti ed operatori economici privati interessati alla stipula di accordi di collaborazione per la fornitura, attraverso interconnessione con la piattaforma TDH, di contenuti editoriali e/o redazionali verso il Portale italia.it”. Siete interessati e volete pure i dettagli? Ecco il link. Tradotto: visto che noi del Ministero (pure con l’aiuto di Enit) da soli non ce la facciamo, vediamo se i privati - che sono più bravi e magari quei contenuti ce li hanno già - sono disposti a darceli, in cambio di soldi. Ne consegue che se il Trentino - faccio un esempio a caso - ha un canale YouTube strabiliante e centinaia di video, può promuoversi su Italia.it. Se la Val d’Aosta - altro esempio a caso - quella collezione non ce l’ha, beh, non se fa nulla. Conclusione: non è che Paesi concorrenti del nostro (Germania, Francia e Olanda per dire) facciano cose strabilianti on line. Ma così com’è messo adesso, Italia.it lo sa fare anche mio cugino smanettone, e non costa 114 milioni di euro. P.S. Non ci dormito una notte, a proposito dell’interoperabilità del TDH con il mondo esterno.
Viaggi a sorpresa: Toratora rilancia la vetusta “formula roulette” e cerca un milione di euro
Toratora Srl è stata fondata nel 2018 dal CEO Francesco Simeone, dal digital manager Giuseppe De Lauri e dal chief technology officer Tiziano Ciotti, che ne detengono il controllo e una quota dell’azionariato pari al 75%. Dopo il “tutoraggio” iniziale di Lazio Innova (“società in house della Regione Lazio, partecipata al 19,50 % dalla Camera di Commercio di Roma, che opera nella progettazione e gestione di azioni per il sostegno all’innovazione”) un primo aumento di capitale, nel 2020, ha visto l’ingresso di altri tre soci al 25%. Contando oggi su una decina di dipendenti, a marzo 2022 Toratora ha partecipato al Travel Investor Day organizzato dall’Associazione Startup Turismo a Milano: cerca 1 milione di euro del quale il 35% destinato all’IT, il 45% al marketing e il 20% ai servizi. Cosa pensa l’autore di questa newsletter sulle startup turistiche è scritto qui, ma i colleghi di Toratora sono giovani e meritano un incoraggiamento.
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