Chi è Roberto Gentile

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L’EDITORIALE DI ROBERTO GENTILE

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CHI VA E CHI VIENE

IL NETWORK DEL MESE

L’AGENZIA DEL MESE

whatsup 309 qQuesto post vorrebbe spiegare perché un prodotto turistico di grande successo, la montagna d’inverno, stia letteralmente...andando a monte. Cominciamo da Gustav Thoeni, indimenticato campione di sci alpino, anni ’70 del secolo scorso: Prima di me vincevano solo austriaci, tedeschi, francesi; era francese pure il nostro direttore tecnico. Poi la gente si appassionò. E siccome aveva messo qualche soldo da parte, cominciò ad andare in montagna. Ora purtroppo si scia meno, costa troppo. E ci sono molti altri sport...”Alberto Tomba, ultimo campione di sci veramente popolare, direbbe probabilmente la stessa cosa.

Qualche dato eclatante, appreso da un documentato articolo de la Repubblica del 31 gennaio 2021. Fra Tarvisio e Courmayeur ci sono oltre 1000 chilometri, nello spazio che collega il Friuli Venezia Giulia alla Val d’Aosta, diviso in sette regioni, vivono 4,2 milioni di italiani. Il turismo in montagna vale 12 miliardi di euro, dei quali 10 arrivano dalla neve e dallo sci: di quei 12, l’80% è generato da dicembre a marzo. Il giro d’affari degli impianti di risalita è pari a 1,2 miliardi, tutto il resto è l’indotto (alberghi, ristoranti, seconde case, maestri di sci, negozi al dettaglio ecc.) che permette di vivere agli oltre 4 milioni di “montanari”. Senza la neve e lo sci, nessuna famiglia di lassù può conservare lo stesso stile di vita. Ancora, mentre sono in corso i mondiali di sci a Cortina d’Ampezzo, premessa alle Olimpiadi di Milano Cortina 2026, l’evento trova a malapena spazio nelle pagine sportive.

Perché siamo arrivati a questo punto? Ecco la mia spiegazione, in tre punti, scusandomi per le inevitabili semplificazioni:

1. Perché la montagna e lo sci sono passati di moda: quando ero ragazzo e abitavo al mare (!) il mio sport preferito era... lo sci; non solo ho imparato a sciare su un ghiacciaio, d’estate, ma il mio primo lavoro nel turismo è stato organizzare una settimana bianca per il mio liceo; era il 1978, portai 46 studenti da Anzio (Roma) a Cavalese (Trento) e di quella indimenticabile settimana si parla ancora, tra amici, dopo quarant’anni. C’era la “valanga azzurra” di Thoeni & compagni, c’era la novità, c’era la neve (sconosciuta a tutti coloro che abitavano a sud di Firenze) e soprattutto non c’erano alternative. Pochi anni dopo sarebbe arrivato il Mar Rosso e, col budget di una settimana bianca per una famiglia, a Sharm ci stavi due settimane. Lo sci estivo (all’epoca sullo Stelvio incontravi vagonate di romani, napoletani, baresi) sarebbe scomparso e - da vent’anni - se citi “settimana bianca” in qualunque agenzia di viaggi a nord di Roma ti guardano male. A sud, ti abbracciano.

2. Perché i tour operator l’hanno abbandonata: cosa vi dicono nomi come Emilviaggi, Diplomat Tour o Amicizia Viaggi? Nulla, perché erano piccoli tour operator romani che, quarant’anni fa, stampavano corposi cataloghi dedicati alla montagna d’inverno e facevano bei numeri. Ma erano soprattutto i villaggi invernali di Club Med, Valtur e Club Vacanze, una vita fa, a riempirsi senza problemi. Poi basta, e oggi l’unico tour operator che s’impegna sulla montagna è TH Resorts, il cui fondatore Graziano Debellini ha “messo la pietra tombale sulla stagione invernale 2021”. Programmare la montagna è rischioso perché i prezzi sono alti (di tutto: hotel, attrezzatura, skipass, doposci....), perché non è più in cima alla lista dei desideri dei vacanzieri e infine perché - causa il riscaldamento globale, tra l’altro - si resta aggrappati alla presenza della neve e, nonostante cannoni e innevamento artificiale, non sempre basta.

3. Perché non c’è stata visione, da parte delle località montane: questo è un discorso che vale per le grandi (da Cortina a Courmayeur, da Madonna di Campiglio a Sestriere), perché per le piccole (da Garessio a Foppolo a Sella Nevea) non è possibile fare marketing. Dopo il boom del secolo scorso, con Thoeni e Tomba, lo sci è rimasto appannaggio di chi lo praticava già. In tempi recenti, il carving, più facile, e le piste, sempre più piallate, hanno reso la pratica più semplice e più divertente, ma non hanno allargato la base di utentiSnowboard prima e free-style dopo si sono rivelati dei fuochi di paglia, ristretti a tribù (si identificano così) di adepti: giovani, pochi e - ovviamente - col portafoglio pieno. Quale evento pubblico e popolare, svoltosi in quota, ricordate di aver visto sul TG1? Avete mai seguito un trend topic che parli di montagna, di neve, di sci? La Ferragni, per dirne una, all'Alpe di Siusi c'è andata, con Fedez e pupo al seguito, a Natale 2018, ma non mi pare abbia lasciato traccia... La montagna d’inverno ricorda un po’ la Liguria: cara, conosciuta, frequentata da chi ha i mezzi e non ha più vent’anni.

“L’uomo vive sulle Alpi da 5mila anni. Non esisteva lo sci, non esisteva il turismo”, dichiara Reinhold Messner“L’uomo continuerà a viverci, questo shock (la pandemia - ndr) ci può aiutare a recuperare una storia. Ora possiamo camminare dove non c’è nessuno”. Visione romantica e condivisibile, quella del più grande alpinista italiano di tutti i tempi. Ma non genera i 12 miliardi che fanno campare 4 milioni di connazionali.

 

whatsup 308 29jan qAllora, dove andremo in vacanza nell’estate 2021? In Italia, certo, isole comprese. In Grecia e Spagna? Probabile. In Tunisia ed Egitto? Difficile. Nei Paesi del Nord Europa? Un terno al lotto. In America e lungo raggio? “Seee, ciao core” dicono a Roma: tradotto, se ne riparla a fine anno, se va bene. Dovremo quindi prendere l’aereo (noi e i clienti delle nostre agenzie) per andare in Sicilia e in Sardegna, nelle isole del Mediterraneo e - se ci dice bene - a Sharm, a Djerba e a Parigi. Dovremo quindi volare Alitalia (vale il “ciao core” di cui sopra), con le low cost e con le legacy, salvate queste dai cospicui, molto cospicui, aiuti di Stato. Qualche idea, del tutto soggettiva, di come ciò avverrà:

1. Nessuno vorrà perdere soldi su tratte non profittevoli: neanche Ryanair (che di riserve ne ha sempre avute) sarà disposta a scommettere su aeroporti di terza fascia, quelli dove quando O’ Leary atterra c’è la banda del paese, col sindaco in fascia tricolore, ad attenderlo. Si andrà in meno aeroporti di prima, e ci si stringerà un po’ sui voli (distanziamento sociale permettendo).

2. Ci saranno più cancellazioni e più accorpamenti di voli: bei tempi quando si andava direttamente a Rodi, Creta o Santorini, in volo dall’aeroporto sotto casa, in due ore nell’isola preferita. Ora si comprerà un diretto su Creta e ci si ritroverà a scalare su Rodi, all’andata, e magari pure al ritorno. E la tratta pagata 99 euro con tre mesi di anticipo verrà cancellata tre settimane prima della partenza, con riprotezione una settimana dopo la fine del soggiorno, già prenotato in hotel (ovviamente). Sarà lo yield a fare da padrone, più del solito.

3. Tra spendere di meno e spendere di più, la seconda che ho detto: non ho competenze di pricing, ma so che l’offerta rincorre la domanda, quindi meno gente che viaggia = meno voli = meno disponibilità di posti = meno sconti e promozioni. Si pagherà il giusto, per andare a Maiorca o a Olbia, e anche un po’ di più, in alta stagione; ma il mitico 49,99€ per tratta mi pare improbabile. Spero di sbagliarmi.

4. L’esperienza di viaggio non sarà la stessa di prima: bei tempi quando si arrivava in aeroporto un paio d’ore prima, per volare in Unione Europea, o addirittura un’ora prima, per andare in Sicilia. Con le modalità di sicurezza introdotte (peraltro in perenne evoluzione) saremo costretti a muoverci tra percorsi segnati e distanziamenti, pareti in plexiglas e addetti bardati come astronauti. Per prendere un caffè dovremo toglierci la mascherina, per fare la fila al Gate A 12 partiremo dal Gate A 2, imbarco e sbarco dureranno quanto le consultazioni elettorali. Insomma, in aeroporto non sarà una festa.

5. Viaggiare da e per la Gran Bretagna post Brexit: non lo so, rinuncio. Si accettano suggerimenti. Grazie

 

hays travel qThomas Cook: non si sono ancora spenti gli echi del maggiore default della storia del turismo moderno che si registrano due fatti eclatanti. L’ex CEO Peter Fankhauser si rifiuta di restituire alla società che ha contribuito a far fallire una parte del bonus di 558.000 sterline (646.339 euro al cambio attuale) percepito nel 2017. Hays Travel Limitedla più grande catena di agenzie di viaggi indipendenti della Gran Bretagna, fondata da John Hays nel 1980 e con sede a Sunderland (nord Inghilterra), ha formalizzato l’acquisto delle 555 agenzie appartenenti a Thomas Cook e affidate ai curatori fallimentari. Quanto le ha pagate? Non molto, come è emerso dall’audizione parlamentare tenutasi il 23 ottobre 2019: ai parlamentari è stato spiegato dall’ “Insolvency Service” (una sorta di commissario liquidatore) che “Hays Travel ha pagato poco più di 6 milioni di sterline per acquistare i 555 negozi Thomas Cook, valorizzando 10.800 sterline ogni negozio” e salvando 2500 posti di lavoro. Il parlamentare Ian Liddell-Grainger, membro del comitato BEIS Business, Energy and Industrial Strategy ha dichiarato: “They bought 555 shops. £6 million is not a lot of money”. 7 milioni di euro per il pacchetto completo e 12.500 euro per ogni agenzia non sono effettivamente “a lot of money".

 

whatsup 307 12jan qLa notizia è ghiotta, la fonte affidabile (Financial Times del 10.1.2021, corrispondente da San Francisco): “Le conseguenze della pandemia stanno spingendo un numero sempre maggiore di host Airbnb a far prenotare direttamente i propri ospiti ” saltando la piattaforma tramite la quale hanno ricevuto i booking. “The pandemic refunds really kind of smacked us in the face” dichiara un host con una trentina di proprietà nell’area di New York, il cui “ceffone in faccia” viene attribuito al fatto che a primavera 2020 “Airbnb ha comunicato ai clienti che avrebbero avuto diritto a cancellazioni gratuite, senza penalità. È stato il momento più spaventoso della nostra attività, non eravamo sicuri che saremmo sopravvissuti”.

Due premesse, una a favore di Airbnb, l’altra dei suoi host. Questi ultimi sanno perfettamente che non possono acquisire informazioni (soprattutto i recapiti, come telefono e email) dei clienti che hanno prenotato sulla piattaforma californiana, e che - se vengono colti in fallo - rischiano la sospensione dell’account e, in caso di recidiva, la sua rimozione completa. Airbnb è reduce da una delle IPO (quotazione in borsa a New York, sul listino tecnologico Nasdaq, il 10 dicembre 2020 di maggior successo della storia delle tech company: il titolo, quotato a 68 dollari, il 12 gennaio 2021 vale 148 dollari (e 174 dollari il 19 aprile 2021 - ndr). Più del doppio, in un mese che negli USA ha visto il Covid-19 fare una strage, per cui le premesse sono che il valore di Airbnb (all’esordio pari a 100 miliardi di dollari, miliardo più miliardo meno) cresca ancora. Lo sbarco in Borsa, però, è stato arduo: inizialmente previsto a marzo 2020, la pandemia rivoluzionò i piani e a maggio il CEO & founder Brian Chesky annunciò un drastico taglio della forza lavoro (fuori il 25% dei dipendenti) e alcune azioni mirate a mantenere il business. Tra queste, l’imposizione agli host di rimborsare ai clienti tutto quanto versato in anticipo per soggiorni che non si sarebbero più verificati.

Tre riflessioni, a un anno ormai dall'inizio della pandemia. Primo, le regole si rispettano: se gli host Airbnb le hanno accettate, quando erano nel proprio interesse, non possono aggirarle adesso, se non rinunciando a Airbnb stessa. Secondo, tra host e Airbnb, oggi chi sta messo meglio? Ovvio, la piattaforma di San Francisco, seduta su un castello di billions alla Paperon de’ Paperoni, guadagnati grazie a un’immane potere di marketing, ma anche al supporto e al prodotto degli host. I quali non solo hanno perso un sacco di soldi, ma hanno anche limitato potere negoziale, visto che un’alternativa a Airbnb semplicemente... non c’è, o quasi: come non c’è a Booking/Expedia, a TripAdvisor e - allargando il discorso alle FAANG - ad Amazon & C. Terzo, chi di disintermediazione ferisce, di disintermediazione non sempre perisce, ovvero “andare” sul cliente finale non sempre paga. L’esempio ce l’abbiamo in casa: ricordate quando la Pensione Maria di Viserbella o l’Hotel Bellavista di Varazze presero a mandare gli auguri di Natale ai clienti che, nell’estate precedente, erano stati loro mandati da agenzie di viaggi e tour operator? “Pratica commerciale scorretta”, si diceva, anche perché il cliente risparmiava qualcosa, saltando l’intermediario. Da allora non è cambiato granché, se non che la competizione sul cliente finale si è trasferita dai cartoncini di Natale al web.

Un auspicio super partes, allora? Che Airbnb spenda bene la montagna di denaro della quale dispone; che gli host sappiano come rialimentare il proprio business. E che a guadagnarci, alla fine, siano i clienti.

 

apertura viaggi coop lugo qSe c’è una delle sei macro-aggregazioni che ormai si spartiscono il mercato delle agenzie di viaggi in Italia che lavora sottotraccia, questa è Robintur Travel Group, guidato da Stefano dall'Ara, Claudio Passuti e Tina Giglio. Perché a Bologna prima si fa, poi si dice (nel nostro settore, di solito funziona il contrario). Due operazioni lo dimostrano: a luglio 2019 Robintur rileva le quote di Orchidea Viaggi Srl di Segrate, fondata 46 anni fa e diretta da Gianfranco Mainardi, imprenditore storico milanese che oggi vanta un giro d’affari di circa 35 milioni di euro l’anno, 40 dipendenti e tre punti vendita a Segrate, Milano e Senago, con forte orientamento sul business travel (2.200 clienti privati e 1.000 aziende). Operazione - della quale non sono trapelate le cifre - volta al rafforzamento in Lombardia di BTExpert, società del Gruppo Robintur guidata dal managing director Riccardo Zanotto e attiva nei servizi B2B, meeting, incentive ed eventi per aziende. A ottobre 2019 è stata inaugurata l’ottava agenzia con insegna Coop Viaggi, a Lugo di Romagna (Ravenna), che segue le filiali di Bologna, Brescia, Cesena, Modena, Pesaro e Reggio Emilia. La rete Viaggi Coop è nata nel 2017 e si affianca a quella sotto il brand tradizionale Robintur. Robintur Travel Group ha la più ampia rete di agenzie di proprietà in Italia, ha chiuso il 2018 con un volume d’affari diretto di 265 milioni di euro e di oltre 500 milioni di indiretto, generato da un network di quasi 300 agenzie. Una rete che compra e apre agenzie di viaggi su strada? Off line e non on line? Miracolo. O follia. O tutti e due.